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sabato 25 febbraio 2017

STORIA DI UN CORPO di Daniel Pennac

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LETTERATURA STRANIERA

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RECENSIONE
3 agosto 2010. Tornata a casa dopo il funerale del padre, Lison si vede consegnare un pacco, un regalo post mortem del defunto genitore: è un curioso diario del corpo che lui ha tenuto dall’età di dodici anni fino agli ultimi giorni della sua vita. Al centro di queste pagine regna, con tutta la sua fisicità, il corpo dell’io narrante che ci accompagna nel mondo, facendocelo scoprire attraverso i sensi: la voce stridula della madre anaffettiva, l’odore dell’amata tata Violette, il sapore del caffè di cicoria degli anni di guerra, il profumo asprigno della merenda povera a base di pane e mosto d’uva.
Questa è la storia di un uomo narrata attraverso il punto di vista del suo corpo. E’ il diario di settant’anni di vita, ma un diario atipico in cui sono apparentemente banditi fatti, descrizioni, elucubrazioni psicologiche e analisi intimistiche e annotati, al contrario, solo dati rigorosamente fisiologici: cambiamenti corporei, sensazioni fisiche, piaceri, dolori, persino un polipo nasale occupa diverse pagine. Insomma, una dichiarata oggettività di carne e ossa. 

E’ di sicuro un romanzo non convenzionale e la sua ricchezza sta nella prospettiva. Non c’è una vera e propria trama. Le emozioni, le persone, gli eventi non sono raccontati ma in qualche modo “percepiti” attraverso le reazioni del corpo, dando vita a pagine originali e autentiche nella loro capacità di riproporci sensazioni vere, che ci sembra di vivere sulla pelle: la fase della crescita e della presa di coscienza di sé attraverso i messaggi del corpo, le percezioni fisiche della paura, il dolore del lutto, lo scollamento della mente durante la guerra, l’abbandono fisico imposto dalla vecchiaia. E ci si rende così conto che il romanzo è tutt’altro che disinteressato alle emozioni. Parla proprio di ciò che c’è di più intimo, della propria interiorità, che emerge nella sua essenza, liberata dalle sovrastrutture del pensiero, degli avvenimenti e delle scelte di vita o di racconto. 

Lo stile è diretto e intimistico, con una vena di divertente ironia che ben si accompagna alla singolarità del punto di vista narrativo. Pur apprezzando l’originalità e la vividezza sensoriale di alcune pagine, di grande intensità, il romanzo non riesce, a mio avviso, a mantenere costante la propria forza espressiva, rendendo ostica la lettura di quelli che, a tratti, si riducono a essere resoconti di manifestazioni corporali. Alla fine del romanzo, il risultato è di non esserci davvero affezionati ai personaggi e forse di non averli nemmeno del tutto conosciuti. Probabilmente è il prezzo pagato per aver puntato troppo sulla stravaganza.

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